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Sgarbi contro Boldrini: il dibattito sulla grammatica politica

Vittorio Sgarbi torna a far parlare di sé con una critica pungente rivolta a Laura Boldrini, ex presidente della Camera, per la sua determinazione nel declinare al femminile termini istituzionali come “sindaco” e “ministro”. In un post su Facebook, Sgarbi esprime la sua opinione, ironizzando sui titoli femminili e lanciando provocazioni linguistiche. Il dibattito tra Sgarbi e Boldrini porta alla ribalta la questione della femminilizzazione del linguaggio in politica e nella società.

Sgarbi attacca: ironia e provocazioni

Nel suo intervento, Sgarbi prende spunto dalle posizioni già espresse dall’ex presidente Giorgio Napolitano, il quale aveva definito termini come “ministra” e “sindaca” come “orribili” e “abominevoli”. Il critico d’arte usa toni taglienti per ridicolizzare Boldrini, affermando che la femminilizzazione del linguaggio politico è forzata e non necessaria. Con ironia, la definisce “presidentessa” e “presidenta”, giocando sulla declinazione femminile dei titoli istituzionali. Conclude la sua invettiva chiamando Boldrini una “zucca vuota” e una “capra”, mantenendo il suo tipico stile provocatorio.

Laura Boldrini, da parte sua, ha da tempo sostenuto la necessità di declinare i ruoli istituzionali al femminile per dare un riconoscimento concreto alla presenza delle donne nella sfera pubblica e politica. Il suo approccio mira a promuovere un linguaggio più inclusivo, che rispecchi il genere di chi ricopre determinate posizioni di potere. Per Boldrini, questo non è solo un dettaglio linguistico, ma un passo verso la parità di genere.

Il Parere degli Esperti di Linguistica

A dare un quadro più chiaro sulla questione interviene l’Accademia della Crusca. Secondo Paolo D’Achille, responsabile della consulenza linguistica, non vi è alcun problema grammaticale nell’accordare i termini al genere di chi ricopre il ruolo. La lingua italiana consente di farlo senza difficoltà. Cecilia Robustelli, docente e linguista, sottolinea che l’uso consapevole del linguaggio contribuisce a una rappresentazione più equa del ruolo delle donne nella società, promuovendo così un cambiamento culturale.

Sebbene le opinioni siano divise, la tendenza a femminilizzare i titoli istituzionali sta già prendendo piede nei media e nell’opinione pubblica. Giornali e televisioni usano sempre più spesso termini come “sindaca” e “ministra”, creando una nuova consuetudine linguistica. Con il tempo, quando questi termini saranno familiari, il dibattito su cosa sia corretto o meno svanirà, e il linguaggio rifletterà naturalmente una società più inclusiva e paritaria.

Published by
Raffaele Moauro